Anche quest’anno non sono mancati gli incidenti mortali al TT. Impossibile non porsi degli interrogativi, queste sono le mie risposte.
“Non ti si è visto per un po’, dov’eri??” “Al Tourist Trophy, sai, l’edizione del centenario”. “Ah, bello, ma quanti morti ci sono stati quest’anno??”.
Brani di conversazione casuali, la gente al mio ritorno mi rivolge sempre la medesima domanda.
Tanto, troppo si è detto sull’assurda e tragica inutilità di una corsa al di fuori dal tempo che ogni anno da un secolo esige un proprio, pesantissimo tributo di sangue.
A chi mi domanda che senso abbia nel terzo millennio sfidare la sorte su di un percorso infernale, posso solo dire di andare a vedere, ma sarebbe meglio dire a vivere, un Tourist Trophy prima di giudicare. Queste sono le mie sensazioni dopo l’esperienza di quest’anno.
BELLEZZA
Il percorso è assolutamente scenografico, e visto col sole è di una bellezza abbacinante. La strada si snoda tra cittadine da cartolina per poi srotolarsi improvvisa tra campagne stupende, salire verso una montagna che ha per sfondo il mare, e lentamente riguadagnare la civiltà. Non so quanti corridori riescano a godere di almeno uno scorcio durante i 60 tiratissimi chilometri di un giro, ma qui la cornice è talmente bella e coinvolgente che i nostri autodromi paiono desertificati a confronto. Lo spettatore vive rituali non scanditi da tempi pubblicitari dettati dalla televisione, e mai uguali a sé stessi, contemplando magari un placido gregge che bruca un erba verdissima due minuti prima che si scateni l’infernale serpentone di 80 piloti.
SOLITUDINE
Qui non si fa la corsa sugli altri, si parte singolarmente e mancano riferimenti; non si impara dalle traiettorie degli avversari, non ci si fa tirare per sfruttare un vantaggio di prestazione all’ultimo giro, non si aspetta l’errore di chi sta davanti. Qui si è soli, inesorabilmente soli con la propria moto lanciati come saette su stradine inadeguate. Il ritmo di gara, le linee, le risposte sono dentro ogni corridore, mai dettate da altri. Qui non ci sono scuse, non puoi dire “c’ho il ciatering” perché comunque la moto salterà imbizzarrita sull’asfalto tremendo per buona parte dei 18/20 minuti che dura un giro.
UOMINI VERI
Non equivocate. Gli uomini veri non sono esaltati iperadrenalinici che viaggiano come dei pazzi sul circuito più difficile del mondo; non si diventa uomini veri girando a 200 di media su strada. Gli uomini veri li incontri al paddock, dove chiunque può girare a piacimento, toccare le moto da corsa quasi incitato dai pazientissimi meccanici, conoscere i propri beniamini. Anche i piloti più forti e titolati vivono in camper con la famiglia per due settimane, prendono la birra insieme a te, scambiano due battute e autografi fin che vuoi. Dai commissari di gara ai meccanici e perfino ai poliziotti di Douglas, tutti respirano la stessa aria imbevuta di una cosa che noi abbiamo perso troppo tempo fa : la passione. Alla sera nel paddock, grazie alla pasta, si riesce anche ad organizzare cene alla buona insieme a plurivincitori di TT, Macao GP, Northwest e relative famiglie.
CIMENTO
Magari per voi è solo pazzia, per me questa corsa è la sfida suprema, il massimo cimento motociclistico. L’unico posto al mondo dove mettere alla prova moto supersportive senza rifugiarsi in autodromi iperlevigati o confrontare tabelle telemetriche su mensili patinati. Il banco di prova più massacrante per gomme, motori e sospensioni; la resa dei conti, alla larga da prestazioni da depliant pubblicitario e discorsi da bar, c'è solo la durissima realtà di 360 chilometri di corsa a più di 200 di media.
Se non vi ho convinto, pazienza. Il Tourist Trophy è li dallo stesso anno in cui è nato mio nonno, e sarà lì quando i miei nipoti saranno grandi.
PS
Se proprio non potete farne a meno, due gli incidenti gravi quest’anno : nell’ultima corsa (Senior TT) il newcomer Marc Rambsbotham, pilota di Norfolk plurivittorioso su diversi circuiti stradali britannici, ha perso il controllo della moto al 26mo miglio, morendo sul colpo e falciando anche due spettatori (altri due sono in gravi condizioni). Il neozelandese Shaun Harris, due volte vincitore al TT nel 2003, è invece ancora ricoverato al Nobles Hospital di Douglas in gravi condizioni dopo la caduta avvenuta a Union Mills nella corsa inaugurale (Superbike).
Ciao Marc.
Forza Shaun.
19 giugno 2007
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1 commento:
il tempo non si misura solo con il lento scandire dei minuti, la bellezza di una gara non solo dalla spettacolarità, dai colori o dalla fama di chi vi partecipa.
il TT sarà anche una gara anacronistica, pericolosa, ma proprio perchè tale deve esserci.
magari si partisse ancora a spinta, magari si vedessi di più, servirebbe a ricordare a certe fighette cosa vuol dire andare in moto, ed andarci davvero forte.
non voglio sminuire, ma il pelo che ci vuole a ribaltare il gas di un gixxer 1000 ak mountain mi sa che è un po' di più di quello che ci vuole a buttare giù 220 cv sul rettilineo del mugello... pochini i piloti motogp che bazzicano queste parti, il più assiduo mi pare essere rolfo...
nel nostro piccolo la salita, con le sue difficoltà, le sue contraddizioni, ci riporta indietro a quando correre non voleva dire necessariamente vivere grazie alle corse, ma vivere di corse, a tempi certo più genuini di ora.
tempi svincolati dal giro secco con la mescola buona e legati all'esserci, più che al trionfare.
stamattina, parlando con un amico dirigente, mi diceva che gli piacerebbe se si riuscisse a chiudere una strada di quelle su cui facciamo la salita, e magari anche altre, ogni week end, per potersi sfogare, correre in sicurezza, sfuggire le forche caudine degli impianti, non alla portata di tutte le tasche e spesso straripanti. per portare la gente in moto in una situazione più genuina, vera, umana.
mi ha fatto strano, e parecchio piacere, sentirlo da lui, che reputavo essere un po' contro alla salita. uscire con una cosa così... "audace", poi... ma non posso che essere d'accordo. non posso che sognarlo anch'io.
anche se so benissimo che aria tira. anche se conosco le difficoltà.
amici miei, i problemi della salita, le nostre difficoltà, le conosciamo bene e sappiamo benissimo quali sono le possibili soluzioni.
che non passano per la cancellazione del campionato, campionato che vanta fior di piloti ed appassionati, e che non è poi più pericoloso di tanti altri sport.
certo, il rischio c'è, ed ognuno di voi lo mette in conto prima di abbasssare la visiera, così come lo metto in conto io quando decido di organizzare una gara.
resto dell'idea che si possa correre in ragionevole sicurezza a costi accettabili, con un minimo di organizzazione e senza squli che mirano solo ai soldi.
resto dell'idea che un campionato di velocità in salita ci debba essere, per ricordare a tutti come si correva - e si corre - al di fuori di taluni circus più o meno dorati.
resto dell'idea che il TT, come la salita, sia un pezzo di anacronistica storia che deve continuare ad esserci solo perchè... c'è stato, e dal suo continuare ad esserci abbiamo tutti da imparare qualcosa
lampssssss
j
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