29 maggio 2009

Panavision

Ripubblico, modificato, questo raccontino, già apparso a suo tempo sul sito del Viviani. Era da un pò che volevo metterci mano...


Il Robi tirò le ultime tre marce nel tratto in salita, gli occhi fissi sui due piccoli tubi di scarico trenta centimetri davanti alla sua ruota anteriore. Alla staccata avvertì il suo avversario sfilare all’esterno, e si buttò giù per la discesa stupito dal relativo silenzio che lo accompagnava; ora era da solo, ed il crepitio dei due minuscoli pistoni, senza l’accompagnamento in sottofondo del gruppo, quasi soccombeva al vento dei duecentosettanta chilometri orari. Davanti, quattro secondi di vuoto, ed un puntino non sempre visibile : il fenomeno.
Al passaggio dai box, dovette leggere il tabellone di un altro : al muretto i suoi erano impazziti, e da tre giri si sbracciavano facendogli il segno del gas e null’altro. Avevano ragione, i ragazzi del team, a essere su di giri, dopo una stagione mondiale relegati agli ultimi posti, un pilota adolescente che non andava e si era infortunato prima dell’ultima gara, la chiamata inaspettata del Robi, wild card che a 27 anni si era ritrovato, incredulo, a correre tra i big…
E adesso eccolo lì, quattro giri al termine, secondo posto, da dieci giri il più veloce in pista .
Un miracolo?
Certo.
Un miracolo di nome Marco, giovane meccanico del team a stipendio zero, che dopo tutto un campionato passato a tacchinare l'addetta stampa del fenomeno, proprio il Giovedì notte dell'ultima gara aveva colto il suo premio, nell'oscurità complice del mega-box del super-team del pluricampione; Marchino che conosceva il Robi da sempre e se l'era svignata dall'alcova impropria con un ricordino del fenomeno, una centralina di quelle buone, super-ufficiali, che lui aveva subito adocchiato su di uno scaffale, e mai mollata con lo sguardo durante la breve durata dello scomodo amplesso.
Marchino, metà Diabolik, metà Gabriel Pontello; e la moto aveva cominciato a filare come una dannata : miracolo!
Miracolo non era invece l’abitudine del Robi a correre sulle tele, visto il non-budget a disposizione per il campionato nazionale, un treno di slick nuove ogni morte di Papa, altrimenti si montavano usate e dargliene tanto, di gas. Col caldo di oggi, ecco che a metà gara, finite le gomme per tutti, aveva cominciato una inesorabile rimonta.
Si sparò di nuovo sul tratto in salita, danzando tra i curvoni; il fenomeno sempre più vicino, il pubblico in delirio, tirando una marcia dietro l’altra. Era evidente che stava guadagnando, e pur sforzandosi di tenere gli occhi fissi sulla pista dieci metri davanti a sé, il Robi non riusciva a fare a meno di pensare all’imminente ricongiungimento.
Scollinò puntando come al solito la prima enne del gigantesco tabellone Panasonic, riferimento per il cordolo esterno della ultima esse che immetteva sul traguardo; una curva che il Robi non digeriva, quattro raggi diversi nello spazio di trecento metri di saliscendi, dove perdeva terreno su tutti.
Semplicemente, non riusciva a visualizzarne la traiettoria, ed il pensiero di quelle due curve cominciava a prenderlo già alla fine della salita, due chilometri prima.
Tre giri al termine, due secondi e nove (qualcuno al muretto si era ricordato di avere un pilota in pista).
Quello che il Robi non si spiegava era il fugacissimo sorriso che ogni volta gli strappava la vista di quel tabellone, dopo averlo preoccupato per tutta la discesa; un sorriso, proprio al momento dell’ingresso nel suo personale purgatorio, poco più di una smorfia dentro il casco prima di tirare la staccatona micidiale e portare alla meno peggio la moto sulla linea del traguardo, perdendo terreno su tutti.
Eccolo là di nuovo, Panasonic, un sorriso alimentato da una fioca scintilla in un angolo recondito della memoria…
Muretto, due giri alla fine, un secondo e otto, sui curvoni in salita tutti in piedi, un muro umano entusiasta, con la consapevolezza di stare asssistendo a qualcosa se non di grande, quantomeno di insperato.
Perchè diciamocelo, il fenomeno sarà pure il fenomeno, ma dopo anni di dominio incontrastato, le sue vittorie avevano la rassicurante monotonia del cazzeggio domenicale, un gelato in riva al lago, il fenomeno sul gradino più alto del podio, pizza la sera e via a casa.
Invece ora il pubblico era un unico, gigantesco pescecane che fiutava sangue, l'occasione inaspettata dalla faccia sconosciuta di un modesto eroe di giornata, così modesto che sulle carene i nomi degli sponsor si leggevano a fatica.
Quarta, quinta, sesta, la moto volava leggera sul rettilineo di ritorno; il Robi stimò che sull'allungo, grazie all'impresa di Marchino, la moto doveva aver preso almeno sei-sette cavalli; un piacere da guidare lanciandola al massimo sul lungo rettilineo.
Prima della staccata, finalmente qualcosa scattò nella testa del Robi; reminescenze di un tempo non lontanissimo ma sopito da tutto quello che era capitato dopo. Un tempo che l'aveva visto, insofferente, dietro un banco.
Non Panasonic, ma Panavision, memorie dei tempi di scuola!
Quando lui e il Costa di banco erano sempre dietro la Sonia, il più bel sedere del liceo; non c’era storia con lei, se l’era presa Dandyfil , figlio di un mega industriale dell’intimo, uno di quelli che l'azienda di famiglia la vedi negli spot alle otto e mezza di sera. Poco male, perché loro due potevano godere del panorama indisturbati ogni volta che la loro musa si alzava, magari sporgendosi verso i banchi davanti a sè. La parola d’ordine , Panavision appunto, l’aveva coniata il Costa, ed era il richiamo che alleviava loro il tedio delle lezioni, richiamo e ordine esecutivo immediato di mollare qualunque cosa si stesse facendo per godere anche pochi secondi di quello spettacolare primo piano.
Sonia, che curve… Dopo tanti anni, il Robi si stupì a ricordarle precisamente, una doppia curva raccordata in maniera perfetta, messa in evidenza da un jeans mezza misura in meno, una doppia curva che tante volte si era immaginato a sfiorare, dovendosi accontentare invece delle curve, abbondanti queste ma disponibili, di Monica, l'amica inseparabile della Sonia.
Una doppia curva che conosceva a memoria senza averla mai percorsa, una doppia curva, una esse sinuosamente srotolata tra dolci pendii...
Proprio come quella che lo aspettava.
Una doppia curva, una esse che conosceva benissimo senza averla mai provata.
Entrò strettissimo, lasciandosi subito scorrere verso il cordolo esterno, immaginando di carezzare quei glutei che non erano mai stati suoi. Poi, nel bel mezzo di quelle rotondità, forzò appena la mano, quasi a serrare d'improvviso quella superficie di velluto.
Si ritrovò subito in scia al fenomeno, certo lui problemi non li aveva mai avuti, nel mondiale a 15 anni, a scuola mai, ragazze fin che ne voleva, titoli iridati, soldi a palate, attorniato da attrici e top models, fama planetaria.
Il Robi invece, era di quelli che al Venerdì vanno al lavoro con la moto sul furgone e i panini della mamma, quella stessa mamma che gli diceva "stai attento" ma che in segreto era orgogliosissima delle piccolissime coppe che talvolta riportava a casa.
Quelli che percorrono l’Italia di notte per raggiungere i circuiti dormendo nella cabina del furgone perchè non c'è volta che arrivino in tempo prima della chiusura notturna dei cancelli dell'autodromo.
Quelli che speriamo che le candele mi durino ancora una gara; quelli che speriamo che l'ultima di campionato piova, un pò perchè così sul bagnato se la giocano, un pò per dare una ripulita alle rain di due anni prima.
Quelli che adesso proviamo a seguire il profilo di un fondoschiena immaginato per l’ennesima volta…
Il fenomeno lo vide entrare strettissimo, a velocità doppia della sua, incrociarono le traiettorie una prima volta, e quando fu costretto a riguadagnare un po’ di pista sulla curva di ritorno il Robi lo passò dall’altra parte, troppo veloce per essere ripreso. Non vide la bandiera a scacchi sventolata davanti a Marchino che impazzito penzolava dal muretto tenuto per le gambe dagli altri meccanici.
Non vide i commissari festanti nel turbinio multicolore dei propri vessilli, nè i folli serpentoni di petardi scoppiettanti nelle vie di fuga.
Non vide una fiumana di gente che invadeva la pista inneggiando all'ignoto pilota italiano.
Non vide lo sbigottimento rabbioso negli occhi del fenomeno, quando lo incrociò un chilometro dopo l'arrivo.
Negli occhi, solo un immagine, una doppia curva perfetta annunciata da una parola d’ordine.
Panavision

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