11 luglio 2008

Ingrata...


E' la curva più bella dello nostro pezzo di strada preferito, quella che da sola vale il viaggio; come sempre, ci attende sinuosa ed invitante, così perfetta da sembrare dipinta. Come sempre, la sbaglieremo più o meno vistosamente e ne rimarremo ancora una volta umiliati e delusi.
Bella come non mai, di natura è un'ingrata, e sembra godere dei nostri fallimenti, incurante delle attenzioni che le dedichiamo costantemente; non lo sappiamo, ma è lei che è relegata in un angolo della nostra mente per tutta la settimana. Il rito del Venerdì sera (ingrassaggio catena e gonfiaggio pneumatici) è un nostro piccolo sacrificio immolato sul suo altare. Assaggiando cautamente le prime pieghe all'inizio della corsa, cercando di capire se siamo in palla oppure no, è a lei che pensiamo. Quando progressivamente aumentiamo il ritmo e saggiamo l'asfalto con pieghe più marcate, ci stiamo preparando per lei. Finalmente canticchiando dentro il casco ci proiettiamo nella sequenza che ci porterà nel nostro Eden motociclistico, ed il nostro canto è per lei. Ancora due pieghe, una, l'ultimo allungo ed eccola lì, ad accoglierci voluttuosa di promesse; e noi, ebbri di gioia, proiettiamo corpo e moto dentro di lei, in trepida aspettativa.
Anche stavolta non funzionerà; arriveremo lunghi o troppo larghi, se entreremo bene sbaglieremo a metà. Inevitabilmente, il rettilineo successivo sarà come sempre testimone dell'ennesima sconfitta. Inutile anche solo pensare di fermarsi, tornare indietro e riprovare; anche passando l'intera giornata su quel tratto di strada, non risolveremmo granchè. Continuando il percorso, basiti e frustrati, non ci accorgeremo di altre curve magari non così spettacolari ma sicuramente belle; nella testa, solo lei, l'ingrata sbagliata per l'ennesima volta.
Poco importa se altri tratti di strada si faranno invitanti, accettando di buon grado di essere violati dalle nostre gomme e saponette. Non coglieremo mai la bellezza di nuove pieghe, mentre furiosi le percorriamo con archi finalmente perfetti e velocissimi. La nostra mente riandrà sempre a lei, l'inarrivabile.
Perchè la mente umana è così, anela sempre ad un'algida ingrata che non può possedere; non importa se curva, donna, motocicletta o quant'altro.
Un giorno, esasperati da tanta inaccessibilità, cambieremo strada, verso nuove curve, nuove emozioni; poi, magari dopo settimane, mesi od anni, ci ritroveremo per caso lanciati di nuovo verso di lei; e questa volta...
...la possederemo, perfetti in traiettoria e rapidissimi.
Sgomenti ed increduli dalla facilità con cui l'abbiamo domata, la sentiremo scivolarci alle spalle; e capiremo in quel preciso istante che, in fondo, non era proprio niente di speciale.

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